Tiburzia e Veneranda, le streghe di Piscinara

Tiburzia e Veneranda, le streghe di Piscinara

Ruben si fermò a far benzina da Gaspare, si avvicinò al bar che aveva una strana insegna: ‘Epicentro’ e tutt’intorno una spirale rossa tremolante. 

Che la zona di Piscinara fosse a rischio di sinkhole era noto, ma s’era perduta la memoria dei tre ‘sprofondi’, come li chiamavano, che si erano aperti tre secoli prima, quando pastori e mucche vennero inghiottiti. ‹Professore! Ma che ci fa da ste parti?›. 

Era Samuele, un ex alunno. ‹E tu che ci fai qui?›. ‹Professore, ho preso la licenza del bar e l’ho chiamato ‘Epicentro’. Lo sa che qua c’è l’epicentro del terremoto dell’anno scorso? Mi sono ricordato che per questa zona di Piscinara Cicerone prendeva in giro i nuovi ricchi chiamandoli ‘Piscinari’ per la mania di farsi le peschiere da esibire agli ospiti! 

Ricordo che ci disse che nel Cinquecento a Piscinara ci bazzicavano le streghe. L’ho raccontato a mia moglie che non ci voleva credere, perché ora i boschi non ci sono più e lei non si immagina che qui era tutta una foresta›. 

Samuele si avvicina a Ruben come a dirgli un segreto e sottovoce: ‹Ho detto a Marilena che se incontro il professore mi faccio raccontare per filo e per segno la storia di Tiburzia e Veneranda che si univano in segreto col diavolo, proprio da queste parti›. 

Ruben meditava su come di un episodio più articolato fosse rimasto nella memoria un dettaglio. ‹Ma Samuele, le due donne non si univano col diavolo, quella era l’accusa! Non ti ricordi che parlammo dei processi di eresia, delle confessioni, dei battesimi forzati. 

Nel caso di Tiburzia, di Veneranda e di altre che si incontravano con tal mastro Giovanni e complici, si trattava di un processo di magia›. Con aria furbesca Samuele disse quasi sottovoce: ‹Ma allora il diavolo era Giovanni con gli altri! Ma come andò a finire? Mi ricordo che una diceva al diavolo, cioè a… Giovanni, facendo grandi inchini…a rovescio: ‘Tu sei sovrastante dell’anima mia’. É vero?›. Ruben si stupì per la precisione nel riportare la dichiarazione della ‘strega’ e non potè non precisare: ‹Ma non ti ricordi che si parlava di diversità, di minoranze, di ebrei, catari, valdesi e di isteria scambiata per stregoneria?›. 

Samuele ricordava che tutti ballavano a mezzanotte nel bosco intorno ad un caprone nero e che tutti gli baciavano sotto la coda. ‹Professore è vero che prendevano il grasso del caprone per ‘fattucchiare’ i nemici?› Ruben era stupito della citazione esatta di quel verbo: ‹Certo quel gesto era per realizzare ricette per sortilegi›. 

Samuele incalzava, come se, parlando con il suo professore, si aprisse la memoria: ‹Ma quelle erano solo delle disgraziate che si volevano divertire con Giovanni e gli amici suoi! Ma non ci disse che poi le trascinarono in chiesa a Sermoneta, le rasero da capo a piedi e le torturarono?›. Ruben cercò di dare un taglio storico a quei ricordi che sembrava straripassero, uno ad uno: ‹La tortura di fatto ci fu e, ammessa forzatamente la colpa, non venne proposto il dilemma di abiurare o di essere legate sul rogo›. 

Samuele incalza: ‹Ma quando successe questa storia?›. ‹Te l’ho detto, stavamo studiando il Cinquecento, quando gli Ebrei vennero cacciati dai paesi che si affacciano su Piscinara. Non ti ricordi che parlammo del Fosso Fuga degli Ebrei? Eccolo, è ancora là, al di là della strada!›. 

Samuele con un’aria corrucciata: ‹Mi ricordo sì, ma m’impressionò questa storia. Ma che successe a quelle povere disgraziate streghe di Cisterna?› Gaspare gridò: ‹Professore, ho fatto il pieno, sposto la macchina intanto che parla con Samuele?›. ‹Grazie, Gaspare, saluto Samuele e vengo a pagare›. Samuele non era soddisfatto: ‹Allora che successe a quelle poverette?›. E Ruben, chiudendo quel flusso di ricordi scolastici: ‹Confessarono di aver adorato il diavolo e vennero salvate dal rogo, ma rinchiuse in Castel Sant’Angelo, mentre Giovanni e gli altri furono messi ai remi della San Benedetto, la nave da guerra del Papa›. 

‹E come no, quelle si stavano divertendo…La nave da guerra?›.