Stile svizzero, vino toscano: il fenomeno Arillo in Terrabianca

Stile svizzero, vino toscano: il fenomeno Arillo in Terrabianca

“La vita è l’arte dell’incontro” potrebbe essere il sottotitolo della storia di Arillo in Terrabianca. Si tratta di un’azienda agricola in Toscana con tre distinte Tenute nelle zone di pregio del vino, dell’olio e del turismo: Radda nel Chianti Classico, Pienza in Val d’Orcia e Massa Marittima in Maremma. L’arte dell’incontro perchè il destino di un marchio con un suo posto nella storia del vino italiano (Terrabianca) cambia quando il proprietario, lo svizzero Roberto Guldner, incontra Urs ed Adriana Burkard, anch’essi svizzeri, lei di origine italiana. Scatta qualcosa, e un sogno che la signora Adriana conservava da tempo in se, può divenire realtà. Guldner accetta la proposta e la storia dell’azienda trova la conclusione di una fase e la rinascita. 

Urs e Adriana Burkard

I Burkard possono contare sul team di vigna e di cantina, ma manca ancora il capitano, un direttore generale all’altezza di una sfida complessa (nei fatti sono 3 aziende), capace di guidare la rifondazione del marchio, di proteggere la rete commerciale esistente, rafforzarla ed espanderla e naturalmente di aggiornare stilisticamente i vini, che sono 9. 

Dario Pettinelli

Alla Fortuna piacciono le sfide e gli Dei cercano sempre un campione da sostenere, come nell’Acropoli. Il loro campione i Burkard lo trovano in Alberto Fusi, già DG Tolaini. Con Alberto Fusi arrivano Lorenzo Ficini alla direzione commerciale e Dario Pettinelli alla comunicazione e sostenibilità. 

Abbiamo incontrato quest’ultimo, già a Montalcino per la rinascita del brand Argiano ed ora per la certificazione di sostenibilità della cantina che vanta il miglior vino assoluto del mondo (Brunello di Montalcino 2018, Argiano). 

D. Come nasce l’idea di rinnovare un’azienda preesistente?

R. La storia di Terrabianca si intreccia nel 2019 con quella della famiglia italo-svizzera dei Burkard. Adriana ed Urs, con l’acquisizione delle tenute Terrabianca a Radda in Chianti Classico e Il Tesoro in Maremma, cambiano il destino di nome e azienda, mossi dalla voglia di dare vita a un progetto nuovo, radicato nella storia  vitivinicola toscana, e che puntasse a diventare un modello contemporaneo di realtà eco-sostenibile. Nuovo marchio, nuovo nome: Arillo è l'”arillus” dei latini, l’acino, che da forma al marchio. Questo si completa con la solidità della famiglia espressa dal castello, dalle tre tenute davanti e dalle due stelle, i figli Gregor e Ricardo ai quali verrà affidata la storia futura. 

D. Pensa che il vino possa essere una modalità di comunicazione sociale?

R. La valenza sociale e culturale del vino è indiscussa; quando un vino si presenta non lo fa solo attraverso la sua forma liquida. Nell’etichetta ci sono informazioni tecniche ma soprattutto i messaggi del produttore. Ad Arillo, sapore è fratello di sapere, e l’etica è sorella dell’estetica. Trasmettere attraverso le scelte estetiche i Valori ai quali il produttore si ispira, e coniugare l’alta qualità e l’intensità dell’assaggio con le conoscenze che amplificano l’esperienza. Cartoline di un territorio in bottiglia, preparate secondo disciplinari virtuosi. Apprezzare consapevolmente un vino a sua volta consapevole, delle responsabilità verso persone e ambiente, declinate con la scelta biologica e il perseguimento dei goal dell’Agenda 2030. Quindi si, certo: il vino è anche un vettore di Valori. 

D. La location ha avuto delle migliorie? Cosa è stato fatto?

R. L’azienda si estende su 3 Tenute, tre meraviglie tutte in fase di ristrutturazione. Il 1 giugno è stata inaugurata la prima delle tre, in Maremma, ma come immagina i lavori di ottimizzazione e finitura continuano. Solo una settimana dopo l’evento è entrata anche in funzione la solar farm sul tetto. A Radda servirà ancora tempo ma sarà l’ultima in ordine cronologico delle grandi cantine d’autore, progettata da Mario Botta, con un fine dining firmato Heinz Beck e un agriturismo di lusso. Pienza è una residenza privata, ma la produzione di vino e seminativi è già regolare. 

A cura di Monia Manzo