“I Creativi”: di Pier Luigi Peri

“I Creativi”: di Pier Luigi Peri

Se ti guardi intorno e sei uno dei tanti che non frequentano World Best o Forum fai un po’ fatica a capire. Bisognerebbe spiegarla la cucina creativa.

È fuori discussione che quando guardi un periodo blu rosso o verde di Picasso puoi sentire lo stomaco in subbuglio se non sei uno che ha studiato.

Ma in cucina funziona come sulla tela. Pablo sapeva fare affari, avere figlie interessanti come Paloma e Maia e di donne se ne intendeva visto che non si era risparmiato.

Però sapeva anche disegnare e dipingere, avrebbe potuto farsi intendere al volo anche dagli ignoranti come me che possono comprendere la pittura tradizionale anche senza nessuna capacità critica specifica.

In fondo il bello è bello anche senza che ce lo dicano i soloni televisivi. Sapeva di storia, era arrivato alla geografia.


In cucina è uguale. Ben venga la creatività dei grandi chef del marketing.

Della novità e delle interpretazioni della materia prima. Dell’utilizzo del tutto quel che c’è.

Visto che sanno prima di cucina della tradizione, della famiglia e del ristorante di mamma e papà.

Si capisce subito che prese le misure a sapori, viaggi, esperienze, incontri e premi internazionali, ci si mette al vento, che se non è in poppa, è almeno in pappa.

Il sestante della cucina ti fa vedere le Stelle anche di giorno. Stai tranquillo che questi comandanti da toque immacolato, che oggi va rigida e alta mentre ieri l’altro apparteneva a una razza di ufficiali di lungo sorso che la portavano alla basca.

Questi sono ragazzi in gamba. Imprenditori che sarebbero riusciti in qualunque campo. Mica sono cuochi quelli che fatturano decine di milioni l’anno.

Sono Comandanti inappuntabili e maestri di tavola e di schermo. Carichi delle medaglie guadagnate in una gavetta che tanto somiglia a quella militare. Cambia solo il sapore del rancio.


Ci si può permettere di scherzare perché loro non temono ne invidie ne emulazione.

Hanno un habitus mentale che riflette il rigore delle loro esperienze e in fatto di abito sanno portare la divisa.

Come dovessero cambiarsi le uova in camicia per evitare gli schizzi alle mezze maniche al pomodoro e cipolla sul doppio petto bianco dai bottoni neri.

Caricando le loro marmitte con brodi, ossa e mazzetti di erbe fini.

Non potendo fare a meno di salse decisamente modificate, ma fondamentali dai tempi dei menù di corte scritti a mano in francese di bella calligrafia, che ricordavano alle brigate di cucina dei vecchi signori d’Europa e dei nuovi d’Oltre Oceano dove e come erano stati codificati e perfezionati i sapori delle grandi cucine internazionali.