Giro-Vagando: Biennale Architettura 2023

Giro-Vagando: Biennale Architettura 2023

Venezia inganna: sembra quasi in letargo e invece, voilà, eccola sorniona e seducente con i suoi grandi eventi. Biennale Architettura 2023 è uno di questi, al tempo stesso previsto e imprevedibile.


Sarà la curatela, affidata alla scrittrice scozzese-ghanese Lesley Lokko, che aiuta a una visione dell’Architettura, forse da definire multiculturale o ‘espansa’, come ha scritto la curatrice stessa.


Sarà il titolo Laboratory of the Future, magari velleitario ma molto suggestivo.


Certo è che questa premessa aiuta a ridefinire, architettonicamente e idealmente, gli affascinanti spazi dell’Arsenale, aggiungendo un ‘quid’ alla area dei Giardini, più strutturata e quindi meno plasticamente adattabile.


Già dalla cartellonistica e dai primi pannelli esplicativi si ha la sensazione che il fil rouge che unisce l’esposizione sia una visione olistica della Architettura, che aiuti – espandendosi sulla vita umana nella sua interezza – alla revisione del nostro approccio ai bisogni nostri e dell’ambiente (naturale e antropizzato) nel quale agiamo, intervenendo su tutti gli aspetti del mondo materiale e immateriale. 


Da qui la suggestione che sembra mormorata da ogni installazione, che invita a una necessaria riflessione su come debba essere ripensato l’avvicinamento all’arte, in un mondo dove le risorse sono finite e abbiamo consentito il cambiamento climatico.

Meritano una riflessione critica e una risposta adeguata gli spazi dell’abitare, i materiali, i tempi di vita e di produzione, i territori, il cibo e la sua filiera, la sapienzialità di uomini e donne, legata alla tradizione e all’ambiente.


La complessità di questi tempi ‘sospesi’ e i tentativi di risposte che la Biennale propone meriterebbero forse un critico e un affabulatore ‘addetto ai lavori’ (caratteristiche che il vostro cronista d’accatto non ha).

Le riflessioni e gli appunti saranno assolutamente soggettivi, frutto di epidermiche emozioni e di un certo spaesamento, chissà se frutto di volontario stimolo che l’evento offre o da inadeguatezze personali.
La curatrice Lesley Lokko affida alla Mostra Internazionale Biennale il ruolo auspicabile di ‘agente di cambiamento’ per il contrasto al cambiamento climatico, aiutato dalla presenza massiccia dell’Africa come laboratorio del futuro e dei cosiddetti “diasporici”, uomini e donne di origine africana che sono impegnati nell’Architettura in tutto il mondo.


Piuttosto algida ho trovato la rappresentazione proposta dal Padiglione Italia e forse avulsa dalle tematiche utopiche della Mostra. Mentre interessante ho trovato il Padiglione Usa, con un impegno per trasformare i detriti di plastica trovati nei corsi d’acqua; come anche degne di attenzione le proposte del Padiglione Australia e quello dell’ Egitto, rispettivamente per la decarbonizzazione  e l’interesse nella lotta al cambiamento climatico, per la tutela delle risorse idriche.

Meritevole di nota, anche per le problematiche lagunari di Venezia, l’attenzione posta all’innalzamento delle acque della Danimarca e del Padiglione Germania per gli studi sul recupero dell’edilizia esistente per la sostenibilità durevole.


Interessanti le tematiche della decolonizzazione e decarbonizzazione riproposte nelle sezioni Dangerous Liaisons all’Arsenale e in quella di Force Majeure ai Giardini.


Al di là del disorientamento personale che genera l’eccesso di sale buie e all’ombra – ma la curatrice Lesley Lokko, in uno dei numerosi pannelli esplicativi esalta il valore dell’ombra come risorsa pubblica e spazio democratico – e un uso abnorme di sistemi video, stroboscopici e diverse diavolerie informatiche, si può dire che la Biennale merita un approfondimento con visite successive.


Il richiamo continuo all’ utopia della transizione ecologica, affinché non rimanga velleitario auspicio ma che aiuti a compiere, come suggeriva Osvaldo Soriano, i passi necessari a raggiungere l’orizzonte, impone un intervento rapido.


Così da invertire verso la lentezza quella frenesia che chiamano vita.


Sarà “cosa bella, buona e giusta”.

 Carlo Casti